Purgatorio

Canto XXVIII

Divina Silva

Brano n.29 (02:01)

Strumenti utilizzati:
Glockenspiel – Crotali – Celesta – Arpa – Flauti – Flauto piccolo (Ottavino) – Oboi – Corno inglese – Clarinetto basso -Violini (Pendereki style – battendo sulle corde con il legno dell’arco così da creare un crepitio di piccoli suoni secchi) – Violoncelli (Clusters – suonando sul ponticello, producendo quindi un suono aspro, stridulo, ricco di suoni armonici e rumore).

La foresta in cui entra Dante è una foresta magica, in una dimensione divina che, diversamente dalla selva oscura, è animata, spessa e viva, con suoni di augelletti, ruscelli, il vento che passa trai rami e creature fantastiche.

Mentre ascolti il brano musicale puoi leggere i versi del Canto XXVIII e se lo desideri puoi anche consultare la parafrasi.

Canto XXVIII

Vago già di cercar dentro e dintorno
la divina foresta spessa e viva,
ch’a li occhi temperava il novo giorno,

sanza più aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d’ogne parte auliva.

Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento;

per cui le fronde, tremolando, pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ ombra gitta il santo monte;

non però dal loro esser dritto sparte
tanto, che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte;

ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,

tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su ’l lito di Chiassi,
quand’ Eolo scilocco fuor discioglie.

Canto XXVIII

Già desideroso [vago] di visitare all’interno e in ogni luogo la foresta divina folta di alberi e verdeggiante [viva], la quale attenuava ai miei occhi la luce del nuovo giorno, 

senza aspettare oltre, lasciai il margine del piano, inoltrandomi nella campagna a passi lenti sopra il tappeto d’erbe che profumava [auliva] da ogni parte.

Un’aura dolce, non soggetta ad alcuna modificazione, mi colpiva [feria] in fronte come un venticello leggero; 

per cui le fronde, tremolando, docili al soffio dell’aria, si piegavano dalla parte dove [u’] il monte santo getta la sua ombra al sorgere mattutino del sole (verso occidente); 

senza però essere inclinate [sparte] dalla loro posizione verticale così da permettere agli uccellini posati sulle cime degli alberi di continuare i loro canti e i loro voli [ogni lor arte]; 

ma lietamente, cantando, accoglievano [ricevieno] le prime ore del giorno fra le foglie, che (con il loro stormire) facevano da accompagnamento [bordone] al loro canto, 

con un suono simile a quello che si forma per lo stormire dei rami nella pineta sulla spiaggia di Classe, quando Eolo libera [discioglie] lo scirocco.